“Be’, se ti ha inquietato significa che è un film riuscito, che ti è arrivato”, obietta una mia collega quando mostro il mio disappunto turbato verso Il Cigno Nero, dal 18 febbraio nelle sale italiane.
Sì, certo, l’attesissimo thriller psicologico di Darren Aronofsky mi ha graffiato lo stomaco, mi ha tolto il buonumore e mi ha costretta un paio di volte a tapparmi gli occhi delicati facendomi pensare “non farò mai fare la ballerina a mia figlia”, eppure continuo a dirmi che Il Cigno Nero è un mezzo tonfo nell’acqua, un film che disattende le attese. Accolto tra malumori all’ultima Mostra di Venezia, in America invece è stato un amato successo ai botteghini: ancora una volta ho la dimostrazione che devo fidarmi più del gusto europeo che di quello yankee.
Natalie Portman (candidata all’Oscar come migliore attrice per questa ‘interpretazione) è la protagonista assoluta, di quello che si vede e di quello che immagina, di sogni successi e allucinazioni. È lei la ballerina di una compagnia di New York ossessionata dalla danza. È lei che viene scelta come prima ballerina, a sostituire la non più ventenne Winona Ryder, è lei che Vincent Cassel, maestro di danza dai modi duri cinici e fascinosi abbastanza stereotipati, sceglie per interpretare Il lago dei cigni. Ma la Natalie fragile, nevrotica, insicura, magrissima, dovrà essere sia il Cigno bianco che quello nero, ed è lì la sfida: trovare in sé il cigno nero.
Con la sua grazia e innocenza è facile per lei personificare il Cigno bianco, molto più distante da sé è invece il Cigno nero, ingannevole e sensuale, che sembra invece così innato in Mila Kunis, sua collega, rivale o amica.
Darren Aronofsky, lo stesso regista di The Wrestler, affonda così la mano con compiacimento davvero eccessivo nelle ansie di lei, nelle paure, nelle visioni, nel suo doppio, nel torbido, nelle fantasie libidinose.
Ma la ricerca e il maturare in superficie del lato oscuro sanno molto di filosofico e concettuale e poco di viscerale.
Esco dal cinema, sì, sono un po’ turbata, ma non credo proprio che il film sia riuscito e ho la sensazione di essere stata presa un po’ in giro. Sono anche un po’ nervosa. Forse perché Il Cigno Nero sembra così tanto un semplice gioco intellettualistico.
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