Senza cedere al didascalico ha ricostruito le icone camp della maison, dall’abito di cravatte al reggiseno a cono fino al cappello/colbacco in finta pelliccia; ha esagerato nell’uso dell’animalier e studiato a fondo il pizzo, si è lasciato sedurre dalle asimmetrie dei drappeggi che possono scendere dallo scollo e dai fianchi di un bustier, dall’abbraccio di un cappotto d’astrakan. Lievità e pesantezza convivono, ancora, in una gonna a sirena in pelle abbinata a una blusa di chiffon con collo alto di piume eteree, o nelle calze velate attraversate di ricami floreali portate da Laetitia Casta, in chiusura, sopra un lungo in velluto scarlatto, taglio vittoriano e bouquet di fiori nella tournure.Che a Julien Dossena toccasse di rivelare quella parte più vivacemente naif insita nel lavoro di Jean-Paul Gaultier, era quasi da aspettarselo; non solo per il modus operandi a cui ci ha abituato da Rabanne, l’oscillare tra identità e reinterpretazione, ma anche per l’accortezza nel trattare le minuzie, le sfaccettature più semplici, comuni, dell’abbigliamento e del vestire, che poi ne sono la struttura portante, l’essenza nel quotidiano. La sua couture, così, non è l’elaborazione di un codice ad uso esclusivo di quelle dive distanti e mitiche.
Un Bacio Fatato
Vi aspetto al mio prossimo piccolo incantesimo
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