Il debutto di Alessandro Michele per Valentino alla Paris Fashion Week è stato come una meditazione sulla resilienza: una sfilata che ha letteralmente brillato di luce contro l'oscurità incombente. L'invito è arrivato come una piccola fiala di lucciole fosforescenti, un gesto poetico che ha dato il tono a ciò che sarebbe seguito. Michele si è ispirato alla Lettera sulle lucciole di Pier Paolo Pasolini del 1941, interpretando gli insetti come simboli di fragile resistenza in tempi oppressivi. Questa idea ha incorniciato la collezione sia visivamente che concettualmente: la bellezza come atto di resistenza, la luminosità come sfida. La sfilata si è aperta con una performance di spoken word di Pamela Anderson, che invocava lo spirito di sopravvivenza e la silenziosa ribellione dell'arte. Il Valentino di Michele è stato osservato attentamente fin dal suo arrivo, con la domanda se il suo stile elaborato e massimalista potesse coesistere con la tradizione di raffinatezza della maison romana. La collezione Spring 26 ha offerto una risposta convincente: sì, ma con moderazione. Spariti gli abiti barocchi a strati dei suoi anni da Gucci; al loro posto, è emersa un'eleganza più distillata. La silhouette ruota attorno a blusa e pantaloni, o a blusa e gonna a tubino, resi in lussuosi contrasti di texture e colori. Una blusa in chiffon blu pavone annodata con morbidi fiocchi è abbinata a pantaloni in raso color chartreuse; altrove, violetti tenui incontrano coralli scuri e la pelle scamosciata si mescolava a velluto e seta. La tensione tra opulenza e controllo animava ogni singolo look. Ancora drammaticità Michele non è mai stato un amante del minimalismo, ma questa stagione chr si esprime attraverso il gesto piuttosto che attraverso l'eccesso. I suoi abiti, spesso il crescendo emotivo di una sfilata, sono essenziali e scultorei. Rasi dai toni gioiello e sete liquide si riversano in cascate di drappeggi asimmetrici, mentre altri reinterpretano i codici dello smoking in monocromia con sovrapposizioni trasparenti. Le paillettes appaiono solo con parsimonia, riservate a lampi di luce. L'attenzione si spostava sul taglio, sul movimento e sul dialogo tra materiale e pelle. La semplificazione di Michele non è una ritirata, ma un'evoluzione: una nuova disciplina all'interno del suo caos romantico. Il simbolismo percorre la presentazione come una corrente. Il motivo della lucciola si estendeva ai dettagli ricamati e ai bagliori metallici sui tessuti trasparenti. Ogni capo sembra vibrare di energia silenziosa, una resistenza codificata all'apatia e al silenzio. La storia dei colori zaffiro, rubino, chartreuse e avorio, evoca un mondo notturno in cui l'illuminazione diventa sopravvivenza. Il ritmo costante della colonna sonora rispecchia il ritmo della luce, culminando in un finale mozzafiato: le modelle si radunavano al centro della sala mentre luci sincronizzate imitano il bagliore collettivo delle lucciole. È al tempo stesso inquietante e pieno di speranza: la moda come coreografia della resistenza. Con questa collezione, Michele ha posizionato Valentino come una maison non solo di bellezza, ma di convinzione. La sua visione ha unito la grazia classica della maison a un'urgenza poetica in sintonia con l'inquietudine del mondo. Il risultato è stato al tempo stesso cerebrale e profondamente umano: un atto di creazione che rifiuta il distacco. Intrecciando la metafora nella silhouette, ha trasformato la morbidezza in forza, il sentimento in affermazione. La collezione Valentino Spring 26 ha ricordato al pubblico che la luce, anche quella debole e tremolante, può comunque essere un atto di sfida.
Un Bacio Fatato
Vi aspetto al mio prossimo piccolo incantesimo
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