Parigi ha vissuto un momento decisivo in questa stagione, con la presentazione della sua collezione di debutto per Balenciaga da parte di Pierpaolo Piccioli presso la storica sede della maison: un ritorno simbolico ed emozionante della sensibilità couture a uno dei luoghi più rigorosi dal punto di vista architettonico della moda. L'attesa per la nomina di Piccioli era immensa; il suo mandato da Valentino aveva consolidato la sua reputazione di saper coniugare emozione, precisione e colore con un'eleganza moderna. Il suo debutto da Balenciaga ha confermato che non ha diluito quell'identità, ma piuttosto l'ha rimodellata per un diverso tipo di potere: una visione raffinata e incentrata sull'uomo, fondata su forma, storia e grazia. Piccioli ha ancorato la collezione a un unico, radicale riferimento: l'abito a sacco di Cristóbal Balenciaga del 1957. Quel capo, un tempo condannato per aver rifiutato le silhouette attillate di Dior, divenne una metafora di liberazione: l'idea che volume e aria potesse definire la bellezza tanto quanto il corpo. Questo fu il fondamento della Balenciaga di Piccioli, una ribellione silenziosa resa in tagli precisi e sobrietà scultorea. Il look di apertura un lungo abito da sera nero con scollo a V indossato con guanti bianchi e immensi occhiali da sole neri sembrava al tempo stesso un omaggio e una dichiarazione. Segnava la coesistenza di tradizione e contemporaneità, segnalando il rispetto di Piccioli per i suoi predecessori, dall'intellettualismo di Ghesquière alla moderna irriverenza di Demna. La silhouette diventa narrativa. Cappotti cocoon si gonfiavano di un vivido verde assenzio, gonne a palloncino fluttuano anziché impettirsi, e abiti a trapezio magenta guizzano con movimento sull'orlo. Un abito rosso monospalla trascina una sciarpa asimmetrica come una scultura vivente, a dimostrazione dell'incomparabile istinto di Piccioli per i tessuti in movimento. La nuova donna Balenciaga, nelle sue mani, è al tempo stesso composta e libera, consapevole della propria presenza ma incontaminata dal rumore. Persino la sartorialità, un caposaldo di Balenciaga, si addolcisce, come si vede nei caban con generose scollature a trapezio, nei cappelli da equitazione concettuali e nelle tuniche tagliate con discrete aperture sulla nuca. Ogni dettaglio è deliberato, misurato e silenziosamente rivoluzionario. Questo nuovo capitolo affronta anche l'evoluzione del panorama del lusso. Sparite le felpe ironiche e le esagerazioni streetwear di Demna; al loro posto, abiti funzionali e duraturi. Un bomber si trasforma in una voluminosa bolla di pelle, i pantaloni chino acquisiscono la struttura di pantaloni couture e la camicia bianca oversize, ora con un ampio strascico incarnava la convinzione di Piccioli che la bellezza moderna che risiede nella tensione tra disciplina e fantasia. La sua donna non ha nostalgia della couture; la indossa come linguaggio, non come costume. La Spring 26 di Piccioli si pone come una delle dichiarazioni più convincenti della stagione: una reinvenzione radicata nell'empatia e nella struttura, che offre una visione della bellezza che parla dolcemente ma lascia anche un'eco duraturo.
Un Bacio Fatato
Vi aspetto al mio prossimo piccolo incantesimo
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