La sera in cui Chanel ha presentato la collezione di debutto Spring 26 di Matthieu Blazy al Grand Palais è sembrata un evento cosmico. L'ambientazione, immersa in una soffusa luce planetaria sotto un luminoso sistema solare, ha dato il tono a quello che sarebbe diventato uno dei momenti più attesi e significativi della Settimana della Moda di Parigi. Essendo solo il quarto stilista a guidare la maison nei suoi 115 anni di storia, Blazy si è immerso in un'orbita carica di aspettative. Eppure, fin dal primo sguardo, è stato chiaro che non si lascia affatto intimidire dal peso dell'eredità di Chanel; la sta invece rivitalizzando. L'approccio di Blazy è di una sicurezza disarmante: moderno, preciso e disinvolto. Invece di tentare di reinventare la ruota, la riequilibra. Il suo Chanel è meno incentrato sullo spettacolo e più su movimento, comfort e tattilità. Rivisitando i primi gesti di ribellione di Coco, la sua appropriazione dell'abbigliamento maschile, il suo amore per il jersey, il suo rifiuto della rigidità e li tradusse in un linguaggio che risulta allo stesso tempo concreto e vivo. Tailleur pantalone corti aprono la sfilata con una chiarezza decisa, il cui taglio è e ispirato agli esperimenti sartoriali di Blazy, mentre le impeccabili camicie button down sviluppate con Charvet sono appesantite da una sottile catena sull'orlo, un omaggio alla maestria artigianale nascosta della maison e alla sua attenzione alla caduta. L'innovazione nei materiali, segno distintivo degli anni di Blazy da Bottega Veneta, è evidente anche qui. Il tweed, spesso rigido e cerimoniale, è stato spogliato della sua formalità, reso fluido da miscele di viscosa che hanno conferito al tessuto una nuova vita dinamica. Scollature a V in maglia abbinate a gonne avvolgenti, con camelie ricamate che scintillano sull'orlo, evocando un'eleganza pragmatica. Sono abiti fatti per muoversi, respirare e vivere: una rivoluzione silenziosa all'interno di una maison che un tempo identificava la raffinatezza con la perfezione. La Chanel di Blazy ha reintrodotto l'imperfezione come bellezza, il segno del tempo come segno di valore. Questo concetto si estende ant agli accessori. La nuova borsa 2.55, una reinterpretazione dell'eterno classico di Chanel, presenta un filo interno che permette di piegarla e rimodellarla, facendola apparire ammorbidita al tatto e alla memoria. Cattura il messaggio di fondo di Blazy: l'eternità dovrebbe essere vissuta, non congelata. Allo stesso modo, l'interazione tra dettagli di lingerie e sartorialità, cinture in cotone a coste visibili sopra gonne a vita bassa aggiunge un sussurro di storia personale. È un gesto intimo, che fa riferimento sia alle origini marinière di Coco sia al passato familiare di Blazy, collegando due epoche di ingegno attraverso un'unica metafora silenziosa ma tattile. La serata si è conclusa con una fluida sintesi di codici vecchi e nuovi: T-shirt di raso infilate in gonne a palloncino con piume, silhouette così leggere da ondeggiare a ogni passo e scarpe con la punta rivisitata che luccica appena sotto. Nessuno spettacolo da red carpet, nessuna nostalgia disperata, solo un inizio misurato e luminoso. Se la storia di Chanel è sempre stata incentrata sul dialogo tra disinvoltura ed eleganza, la prima collezione di Blazy ha suggerito che questo dialogo ha trovato una voce nuova ed eloquente. La sua Chanel non cerca di oscurare il suo passato: anzi impara da esso, respira attraverso di esso, per la prima volta da molto tempo, guarda risolutamente verso il futuro.
Un Bacio Fatato
Vi aspetto al mio prossimo piccolo incantesimo
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